| Spectrum Studio Il brano nasce dall'idea di raccontare l'amore.. un sentimento fatto di tormento, paure, emozioni.. in Salento per noi sempliceme... |
0 Commenti
![]() Fin dagli inizi del secolo XX il rapporto tra la maggioranza degli uomini ed il cibo si fonda soprattutto su un problema di quantità, quella necessaria per la sopravvivenza; negli ultimi decenni, invece, l’attenzione si è spostata sulla ricetta della “qualità”. Nutrirsi a sufficienza non basta per mantenersi in buona salute: occorre saper scegliere i cibi e saperli ben associare, seguendo una dieta equilibrata in cui il termine “dieta” non significa “restrizione alimentare”, ma è inteso nel suo originario valore di “modo di vivere”, che è la traduzione letterale del vocabolo greco da cui deriva. E’sorta così una nuova disciplina, la “Scienza dell’alimentazione”, che proprio in Italia ha raggiunto un ottimo sviluppo. Essa studia le caratteristiche degli alimenti ed il valore nutritivo di ciascuno, divulgando tali conoscenze ed insegnando a creare nel cibo non solo il “piacere”, ma particolarmente il “carburante” giusto per far funzionare al meglio quella meravigliosa macchina che è il nostro corpo. L’aumento delle cosiddette “malattie del benessere” (arteriosclerosi, ipertensione, infarto, ictus cerebrale, diabete, obesità), tipiche della civiltà industriale ha spinto a ritenere che l’alimentazione migliore è quella tipica delle zone rurali dell’area mediterranea, i cui abitanti, anche se per necessità, si nutrono sempre di frutta, verdura, latte e formaggi, olio di oliva, prodotti della pesca, cereali integrati e derivati, ovvero pane e pasta. La “dieta mediterranea”, ovvero “dieta della salute”, è quindi la migliore e più semplice da seguire: bisogna tornare alle origini recuperando il regime alimentare dei nostri saggi progenitori. La gastronomia è l’insieme delle tecniche ed arti culinarie, il fare buona cucina. In senso lato con essa s’intende lo studio delle relazioni tra cultura e cibo ed è quindi una scienza interdisciplinare che coinvolge la biologia, l’agronomia, l’antropologia, la storia, la filosofia, la psicologia e la sociologia. E come afferma Elisa Albano nel suo suddetto libro, gradevole da leggere e consultare, dall’accattivante copertina, ben curato in ogni minimo dettaglio ed edito da Maffei Editore, a cura Vegan Cru Alternative Livello base, le sue ricette sono: “veloci, sane, gustose… e tanto altro ancora!” Sì, proprio così, perché la stessa autrice, da piccola chiamata da tutti amorevolmente Lisettina, si sbizzarrisce con la sua arte culinaria vegana, sottolineando nel suo vademecum gastronomico: “La mia cucina è vegana, perché senza carne, né pesce, né loro derivati. E’ in parte anche crudista perché considera sempre una piccola o grande percentuale di cibi privi di cottura ad ogni pasto. Ed è una cucina che io definisco alternativa, sia per le modalità diverse di preparazione dei cibi che per il tentativo di evitare alcuni errori che si commettono comunemente nell’alimentazione più tradizionale e che spesso vengono trasportati in quella vegana, specialmente quando si muovono i primi passi verso questa direzione”. I piatti vegani, infatti, realizzati solo con prodotti biologici e privi di glutine e lattosio, rappresentano una cucina ideata con l’obiettivo di far conoscere un modo di nutrirsi alternativo e sano, rispondendo alle esigenze di molti che sovente non trovano lo spazio giusto per seguire il proprio regime alimentare in modo piacevole. E come recita un vecchio adagio di Giovenale: “mens sana, in corpore sano”. Le ricette di Lisettina, dedicato anche a Mari e Salvatore, è un modo nuovo ed alternativo di deliziare il palato e la vista di grandi e piccoli. Elisa Albano, psicologa e autrice motivazionale, si occupa da sempre di cambiamento, benessere e successo delle donne. Ha già pubblicato: “Mai più scema. Come liberarsi dalle trappole e mettersi alla guida della propria vita”, “Penso e parlo così. Strategie di comunicazione vincente per donne che vogliono di più” e “Voglio diventare ricca. Laboratorio ludico-esperienziale per una vita alla grande”. “Le ricette di Lisettina” è il suo primo libro di cucina naturale, che cerca di coniugare benessere della mente con benessere del corpo. Buona lettura a tutti! Mariagrazia Toscano Articolo tratto da Corriere salentino.it ![]() In una visita pastorale del 1640 il vescovo Pappacoda racconta l'episodio del ritrovamento dell'icona, nei pressi di un pozzo, tra i ruderi di un'antica edicola votiva. I buoi utilizzati per il trasporto di questo enorme affresco eseguito su un lastrone in pietra leccese, attualmente custodito nell' altare centrale attribuito a G. Zimbalo, si inginocchiarono e rimasero in quella posizione nonostante le frustate inflitte dai loro proprietari. Poiché questo episodio fu interpretato come la volontà espressa dalla Madonna di restare nel luogo dove era stata trovata, fu chiesta l'autorizzazione al Vescovo per edificare la chiesa. La costruzione risale agli anni 1654-1657 . Il suo stile architettonico è quello barocco del Seicento. Ha forma rettangolare con l'abside semicircolare. Al centro dell'abside sorge l'Altare Maggiore dalla caratteristica forma di tempietto. Al centro del muro dell'abside, in una nicchia, risalta l'effigie della Madonna Immacolata, rinvenuta in quel posto nel '600, probabilmente una delle tante immagini di Madonna trafugate in Oriente a seguito della caduta dell'Impero Bizantino. La chiesa comprende una sola navata ed, oltre all'Altare Maggiore, vi sono altri quattro altari disposti simmetricamente sulle fiancate laterali. Su ciascun altare vi è una tela di buona esecuzione che dà il titolo ad ognuno di essi. Sulle pareti della chiesa vi sono, inoltre, altri sei affreschi racchiusi in medaglioni di stucco dorati che, unitamente all'affresco dell'Altare Maggiore, rappresentano le sette festività della Madonna. Ai lati della porta d'ingresso, in posizione più alta, vi sono due affreschi di discreta fattura. Il frontespizio della chiesa non è in stile barocco come l'interno, ma è semplice e lineare. Fonte: Giovanni Paticchia, "Carmiano e Magliano - Compendio di storia patria", Panico, Galatina (LE), 2000 Nelle serate davanti al crepitio di un bel fuoco spesso gli anziani del luogo ci allettano con leggende, storie, racconti (“cunti”), che si sono tramandate fino ai giorni nostri (eccone alcune) ...
SCAZZAMUREDDHU Conosciuto in tutta la regione sotto vari nomi:Laurieddhri, Carcaluri, Mininceddhri, Sciacuddhri e Rumpicuperchi). Si tratta di un piccolo, panciuto ma agile folletto dispettoso che appare solo di notte, disturbando il sonno delle sue povere vittime in vari modi, per esempio saltando loro sul petto e premendoglielo fino a togliergli il respiro. Tormentava poi i contadini intrecciando in maniera indistricabile le code e le criniere dei cavalli. Unico modo per sottomettere il folletto ai propri voleri era rubargli il cappellino per la cui restituzione era pronto anche a donare monete. Per conquistarlo, invece, bisognava regalargli un paio di scarpe (era vestito con un abito color tabacco e scalzo) o mettere dei sassolini nelle proprie pantofole. Ripagava svelando i luoghi in cui erano nascosti dei tesori. Infine, era solito fare una domanda alle sue vittime: “vuoi cocci o soldi?”.; a chi rispondeva “soldi” portava cocci, a chi rispondeva “cocci” donava soldi. LA ROMANTICA STORIA D’AMORE DEL MERLETTO una bellissima leggenda pugliese che ha come protagonista la fiandra, il pizzo a tombolo più famoso al mondo. La creazione di questo splendido tessuto nasce dalla romantica storia di due innamorati. La leggenda racconta di una fanciulla di nome Serena, bellissima ma molto molto povera, innamorata di un giovane artista altrettanto povero. Purtroppo il loro amore fu duramente messo alla prova da un tragico avvenimento: un giorno la mamma di Serena si ammalò gravemente, e la fanciulla, in cambio della guarigione della tanto cara madre, fece un voto alla Madonna, rinunciando per sempre al suo giovane amato. Serena decise allora di confessare al suo amato la decisione presa, e mentre i due innamorati, seduti all’ombra di un albero, erano giunti al momento della separazione, accadde qualcosa di incredibile: dai rami dell’albero cadde sul grembiule della ragazza una ragnatela. I due ragazzi, incantati dalla tela, realizzarono insieme il famoso merletto di fiandra. Lei cercò immediatamente di copiare il disegno col filo più fine del suo fuso. Lui, con il suo ingegno e con la sua arte, con alcuni rami dell’albero chiuse il grembiule fra quattro bastoncini per irrigidirlo di modo da portare a casa il prezioso disegno della ragnatela. Mentre Serena rifilava col suo filo, lui li teneva separati e ordinati affinché non si ingarbugliassero tra di loro, legando l’estremità di ciascun filo con un bastoncino di legno. Così dall’amore e dall’arte nacque il primo merletto. Il merletto piacque moltissimo alle dame più illustri della città, che ricompensarono la giovane ragazza della splendida ragnatela. Con i soldi Serena curò la madre malata e con dolore dovette lasciare anche il suo innamorato, per rendere fede al voto. Ma ancora una volta, mentre i due fidanzati erano giunti al triste momento dell’abbandono, dallo stesso albero dal quale avevano avuto l’idea di creare il merletto cadde un’altra ragnatela su cui era scritta l’assoluzione del voto. LEUCA E LA LEGGENDA DEI DUE INNAMORATI - La sirena di Leuca Santa Maria di Leuca è una delle mete che ogni anno attira un gran numero di turisti. Non tutti però sanno che a questa meravigliosa cittadina della Puglia è legata una leggenda struggente ed appassionante. La storia risale al tempo dei Messapi, quando sul promontorio della città di Veretum c’era un tempio dedicato alla dea Minerva. Si racconta che il punto d’incontro dei due mari Jonio e Adriatico fosse dominato da Leucàsia una bellissima creatura tutta bianca metà donna e metà pesce (dal greco leukòs=bianco) in grado di attirare con il suo canto divino ogni creatura. Un giorno notò un giovane pastorello e tentò di ammaliarlo con la sua voce e con la sua bellezza. Il giovane Melisso, innamorato della sua ragazza Aristula, rifiutò senza alcuna fatica la bella sirena. Così Leucàsia incredula ed offesa mise in atto una terribile vendetta. Un giorno sorprese sulla scogliera i due giovani innamorati stretti in un abbraccio. Alla vista di quell’abbraccio pieno di sentimento alzò con la sua coda e con il suo fiato un vento tanto forte da separare i ragazzi e trascinarli via facendoli sbattere violentemente sugli scogli fino ad ucciderli. Separò i loro corpi sulle due punte opposte del golfo, in modo che nessuno potesse unirli. La dea Minerva dal suo tempio vide la sciagura che Leucàsia aveva provocato. Impietosita trasformò i corpi di Melisso e Arìstula in pietra, come simbolo di eternità. Da allora la punta Meliso e la punta Ristola non potendosi più abbracciare, abbracciano ora quello specchio di mare. Anche Leucàsia fu pietrificata e si trasformò nella famosa e bianca città di Leuca, da cui prende il nome.Lo scultore Mario Calcagnile ispirandosi a questa leggenda ha realizzato in onore dei protagonisti il “Trittico della Trascendenza”, posizionato proprio di fronte al porto di marina di Leuca ed ai piedi della scalinata della Cascata Monumentale. LA DANZA DELLE STREGHE Il tratto di costa compreso tra Otranto e Santa Maria di Leuca è particolarmente aspro e accidentato, in alcuni tratti arretra rapidamente creando imponenti falesie, nicchie costiere e anfratti attorno ai quali la tradizione folkloristica ha creato numerosi miti e leggende che ancora oggi alimentano il fascino misterioso e magico della costa otrantina. La tradizione popolare vuole che nelle notti di tempesta da queste grotte escano streghe agitando le fiaccole che tengono in mano, chiunque osi avvicinarsi è inesorabilmente destinato a prendere parte alla danza delle streghe , ballando nell’uragano fino alla morte. L'ARTIGIANO E LA MONTAGNA (Cuntu della zona di Monteroni di Lecce) C'era una volta un artigiano che stava spaccando pietre da una montagna. Faceva caldo e sentiva molta fatica. Ad un certo punto, lasciato lo scalpello e il martello, guardò un'aquila che volava nel cielo, fiera, maestosa e libera, e pensò: "quanto vorrei essere aquila, così volerei libero nel cielo". E puff! Divenne aquila. Mentre volava, vide da lontano un castello, bellissimo, imponente, regale...e pensò: "quanto vorrei essere Re, così vivrei in quel castello". E puff! Divenne Re. Ora che era Re, poteva comandare su tutti ed essere servito e riverito. Ma ogni volta che saliva sulla torre più alta e sentiva la forza del vento, pensava: "anche il più potente dei Re è sempre meno potente del vento, il vento è forte, è libero, se fossi vento viaggerei per tutto il mondo e in un lampo sarei ovunque!". E fu così che divenne vento. Ora poteva viaggiare, andare dove voleva, e in pochi attimi poteva raggiungere i posti più remoti del mondo, ma ogni volta che incontrava una montagna, si infrangeva su quei massi, e fu così che un giorno disse: "sono vento, si, ma anche il vento si ferma davanti ad una montagna, una montagna è più forte del vento, voglio essere montagna!". E puff! Si trasformò in montagna. Ora poteva essere più forte di qualsiasi altro elemento della natura! Ma un giorno sentì un dolore ai piedi...guardò giù e vidde un artigiano che, con martello e scalpello, stava rompendo le sue pietre, e pensò: "quell'artigiano è più forte di me, della montagna! Spacca le mie pietre e io non posso fare niente... quanto vorrei essere quell'artigiano!". E puff! Tornò ad essere artigiano. LI PESCI (Cuntu della zona di Leuca) C'era una volta una donna che voleva cucinare un po' di pesce. Disse a suo figlio: "vai a mare e pesca un po' di pesce". Il figlio prese la canna, la retina e i vermi e andò sugli scogli. Ad un certo punto prese un pesce, ma appena questi uscì dall'acqua gli disse: "lasciami un altro po', perché sono piccolino, passa tra qualche giorno e sarò cresciuto". Il ragazzo rispose: "dimmi come ti chiami, così farò meno fatica a trovarti". Il pesce rispose: "mi chiamo Senso". Il ragazzo si rimise a pescare. Il secondo pesce gli disse la stessa cosa. Si chiamava "Giudizio". E così il terzo pesce. Si chiamava "Sale". Tornato a casa, la mamma lo prese in giro. Il ragazzo rispose: "mi hanno promesso che la prossima volta si faranno prendere, so come si chiamano!". La mamma gli rispose: "torna tra qualche giorno e vedi che ti dicono...". Il ragazzo tornò dopo una settimana e gridò: "Sensooooo". Il pesce gli rispose: "se Senso avessi avuto, a mare non mi avresti ributtato!". Gridò ancora: "Giudizioooooo". Il secondo pesce gli rispose: "Se Giudizio avessi avuto, a mare non mi avresti ributtato". Sconcertato, gridò al terzo pesce: "Saleeeeee". Il terzo pesce gli rispose: "Se sale avessi avuto, a quest'ora sarei cucinato...". A casa furono costretti a mangiare frise e pomodori. LA LEGGENDA DI SANTA CESAREA Il mito narra la storia di una bambina di nome Cesaria, oggetto dell’incestuoso desiderio del suo stesso padre. Dopo aver finto di cedere alle insane lusinghe del padre, Cesaria gli chiese di aspettarla in camera sua dove lo avrebbe raggiunto dopo essersi lavata i piedi. Cesaria prese due colombe e legò, dopodichè le depose in un catino colmo d’acqua affinché con il loro agitarsi imitassero lo sciaquìo dell’acqua e non destasse sospetti nel padre. Intanto Cesaria fuggì attraverso la finestra e raggiunge l’alta scogliera di Castro dove venne raggiunta dal malefico padre accortosi dell’inganno. La bambina cominciò quindi a pregare il Signore di salvarla quando all’improvviso giunse un angelo mentre il perfido padre venne avvolto da una nube nera che lo scagliò in mare .Nel luogo esatto in cui cadde in mare, l’acqua non smise più di bollire e si sente ancora oggi l’odore di zolfo. LA GROTTA DI ZINZULUSA La leggenda della grotta Zinzulusa narra di un crudele barone, il signore di Castro, che con la sua cattiveria uccise la moglie, e costringeva la figlia a condurre una vita di stenti facendola vestire di stracci. Una fata, ebbe pietà della ragazza e la diede in moglie ad un principe. Le vesti povere della fanciulla furono portate via dal vento e andarono a pietrificarsi sulla pareti di una grotta dove il padre della giovane era stato fatto sprofondare, facendo emergere acque infernali, il laghetto Cocito, meandro più lugubre della grotta, il cui nome rimanda al lago cantato da Dante nel Canto XIV dell’Inferno. I gamberetti che vivono nel laghetto, per aver assistito alla prodigiosa scena furono resi ciechi. Questa specie di gamberetto, noto con il nome di Typhlocaris salentino, è lungo fra i sette e gli otto centimetri ed è provvisto di setole sensoriali per orientarsi poste sulla ultime tre paia di zampe. GLI SCOGLI DANNATI Tutto prende vita e forma dal mito di Medea, figlia di Eete, re della Colchide (antico stato Georgiano n.d.r.), donna avvenente e dotata di poteri quasi divini. Medea incontra Giasone, suo futuro sposo, quando questi giunge in Colchide assieme ai suoi compagni, gli Argonauti, alla ricerca del Vello d’Oro, una pelle magica con il dono di sanare tutte le ferite, aiutandolo a raggiungere l’obiettivo facendo ricorso alle sue arti magiche. Sarà un amore intenso, ma tragico e tormentato. Quando il re della città di Corinto, decide di dare in sposa a Giasone la bellissima Glauce, prospettando un allettante successione al trono per l’uomo, Giasone accetta, lasciando Medea nella più totale disperazione. Sarà questa stessa disperazione ad animare la sua mano e a far covare rancori e vendette tali da portarla a fuggire su una nave trascinando con sè i figli, in modo da non lasciare al marito alcuna discendenza. Si narra allora che proprio nei pressi della costa di Santa Maria di Leuca, vicino a Punta Ristola, Medea trucidò i figli, gettandone poi i resti in mare, resti che divennero scogli affioranti a contatto con l’acqua salmastra. I pescatori del luogo raccontano spesso di come queste rocce affioranti, soprattutto nelle notti tempestose in cui il vento è forte e intenso, riecheggino di gemiti e urla strazianti e di come si possano scorgere e discernere, se si ha l’ardire e l’audacia di guardare, ombre misteriose contorcersi e agitarsi. Liberamente tratti da web
![]() La festa è dedicata ai Santi Protettori di Magliano, Maria Bambina e San Vito Martire. La tradizione vuole che venga celebrata l'8 settembre (e giorni successivi), in ricordo del ritrovamento di un antico affresco della Madonna. Si narra, infatti, che il giorno 8 settembre di un anno imprecisato di circa la metà del Seicento, nella località denominata “Bosco” distante circa 1 Km dall'abitato di Magliano, un contadino rinvenne un'antica immagine di Madonna col Bambino, affresco della scuola basiliana. Sul luogo del ritrovamento fu costruita una cappella dedicata alla Natività di Maria perché il rinvenimento del dipinto era avvenuto nel giorno in cui la Chiesa celebra la nascita della Madonna e protettrice di Magliano fu proclamata Maria SS.ma Bambina. La festa dedicata ai Santi Patroni è una manifestazione che ha sempre visto grande coinvolgimento e devozione dei residenti. La numerosa presenza di fedeli devoti in preghiera durante la veglia mariana notturna è una concreta testimonianza del senso religioso che da sempre anima la comunità di Magliano. La festa si apre con la tradizionale processione per il trasporto dei simulacri dei santi dalla vecchia Chiesa Matrice alla Cappella del Bosco, dove rimangono esposti per l'adorazione tutta la notte e sino al pomeriggio del giorno successivo. Dopo la Processione e la Messa, si svolge nell'ampio spazio prospiciente la cappella, la “Sagra te la friseddra ‘ncapunata”, che viene distribuita gratuitamente ai partecipanti. Il giorno successivo ha luogo una sorta di festa campestre: in mattinata vengono celebrate le Messe nella cappella; nel pomeriggio si può assistere alle gare sportive, seguite dalla tradizionale “cuccagna”, che si svolgono in campagna nello spazio antistante la chiesetta. Le statue dei Santi vengono poi riportate in paese, dove viene celebrata la Messa, seguita dall'esibizione di un complesso musicale. Nel terzo giorno i festeggiamenti si svolgono in paese: in mattinata ha luogo la tradizionale benedizione degli autoveicoli e motoveicoli e in serata l'esibizione di un gruppo bandistico. |
Autoreweb Archivio articoli
Luglio 2015
Categoria |