Nelle serate davanti al crepitio di un bel fuoco spesso gli anziani del luogo ci allettano con leggende, storie, racconti (“cunti”), che si sono tramandate fino ai giorni nostri (eccone alcune) ...
SCAZZAMUREDDHU
Conosciuto in tutta la regione sotto vari nomi:Laurieddhri, Carcaluri, Mininceddhri, Sciacuddhri e Rumpicuperchi). Si tratta di un piccolo, panciuto ma agile folletto dispettoso che appare solo di notte, disturbando il sonno delle sue povere vittime in vari modi, per esempio saltando loro sul petto e premendoglielo fino a togliergli il respiro. Tormentava poi i contadini intrecciando in maniera indistricabile le code e le criniere dei cavalli. Unico modo per sottomettere il folletto ai propri voleri era rubargli il cappellino per la cui restituzione era pronto anche a donare monete. Per conquistarlo, invece, bisognava regalargli un paio di scarpe (era vestito con un abito color tabacco e scalzo) o mettere dei sassolini nelle proprie pantofole. Ripagava svelando i luoghi in cui erano nascosti dei tesori. Infine, era solito fare una domanda alle sue vittime: “vuoi cocci o soldi?”.; a chi rispondeva “soldi” portava cocci, a chi rispondeva “cocci” donava soldi.
LA ROMANTICA STORIA D’AMORE DEL MERLETTO
una bellissima leggenda pugliese che ha come protagonista la fiandra, il pizzo a tombolo più famoso al mondo. La creazione di questo splendido tessuto nasce dalla romantica storia di due innamorati.
La leggenda racconta di una fanciulla di nome Serena, bellissima ma molto molto povera, innamorata di un giovane artista altrettanto povero. Purtroppo il loro amore fu duramente messo alla prova da un tragico avvenimento: un giorno la mamma di Serena si ammalò gravemente, e la fanciulla, in cambio della guarigione della tanto cara madre, fece un voto alla Madonna, rinunciando per sempre al suo giovane amato. Serena decise allora di confessare al suo amato la decisione presa, e mentre i due innamorati, seduti all’ombra di un albero, erano giunti al momento della separazione, accadde qualcosa di incredibile: dai rami dell’albero cadde sul grembiule della ragazza una ragnatela. I due ragazzi, incantati dalla tela, realizzarono insieme il famoso merletto di fiandra. Lei cercò immediatamente di copiare il disegno col filo più fine del suo fuso.
Lui, con il suo ingegno e con la sua arte, con alcuni rami dell’albero chiuse il grembiule fra quattro bastoncini per irrigidirlo di modo da portare a casa il prezioso disegno della ragnatela. Mentre Serena rifilava col suo filo, lui li teneva separati e ordinati affinché non si ingarbugliassero tra di loro, legando l’estremità di ciascun filo con un bastoncino di legno.
Così dall’amore e dall’arte nacque il primo merletto. Il merletto piacque moltissimo alle dame più illustri della città, che ricompensarono la giovane ragazza della splendida ragnatela. Con i soldi Serena curò la madre malata e con dolore dovette lasciare anche il suo innamorato, per rendere fede al voto. Ma ancora una volta, mentre i due fidanzati erano giunti al triste momento dell’abbandono, dallo stesso albero dal quale avevano avuto l’idea di creare il merletto cadde un’altra ragnatela su cui era scritta l’assoluzione del voto.
LEUCA E LA LEGGENDA DEI DUE INNAMORATI - La sirena di Leuca
Santa Maria di Leuca è una delle mete che ogni anno attira un gran numero di turisti. Non tutti però sanno che a questa meravigliosa cittadina della Puglia è legata una leggenda struggente ed appassionante. La storia risale al tempo dei Messapi, quando sul promontorio della città di Veretum c’era un tempio dedicato alla dea Minerva.
Si racconta che il punto d’incontro dei due mari Jonio e Adriatico fosse dominato da Leucàsia una bellissima creatura tutta bianca metà donna e metà pesce (dal greco leukòs=bianco) in grado di attirare con il suo canto divino ogni creatura. Un giorno notò un giovane pastorello e tentò di ammaliarlo con la sua voce e con la sua bellezza. Il giovane Melisso, innamorato della sua ragazza Aristula, rifiutò senza alcuna fatica la bella sirena. Così Leucàsia incredula ed offesa mise in atto una terribile vendetta.
Un giorno sorprese sulla scogliera i due giovani innamorati stretti in un abbraccio. Alla vista di quell’abbraccio pieno di sentimento alzò con la sua coda e con il suo fiato un vento tanto forte da separare i ragazzi e trascinarli via facendoli sbattere violentemente sugli scogli fino ad ucciderli. Separò i loro corpi sulle due punte opposte del golfo, in modo che nessuno potesse unirli.
La dea Minerva dal suo tempio vide la sciagura che Leucàsia aveva provocato. Impietosita trasformò i corpi di Melisso e Arìstula in pietra, come simbolo di eternità. Da allora la punta Meliso e la punta Ristola non potendosi più abbracciare, abbracciano ora quello specchio di mare. Anche Leucàsia fu pietrificata e si trasformò nella famosa e bianca città di Leuca, da cui prende il nome.Lo scultore Mario Calcagnile ispirandosi a questa leggenda ha realizzato in onore dei protagonisti il “Trittico della Trascendenza”, posizionato proprio di fronte al porto di marina di Leuca ed ai piedi della scalinata della Cascata Monumentale.
LA DANZA DELLE STREGHE
Il tratto di costa compreso tra Otranto e Santa Maria di Leuca è particolarmente aspro e accidentato, in alcuni tratti arretra rapidamente creando imponenti falesie, nicchie costiere e anfratti attorno ai quali la tradizione folkloristica ha creato numerosi miti e leggende che ancora oggi alimentano il fascino misterioso e magico della costa otrantina.
La tradizione popolare vuole che nelle notti di tempesta da queste grotte escano streghe agitando le fiaccole che tengono in mano, chiunque osi avvicinarsi è inesorabilmente destinato a prendere parte alla danza delle streghe , ballando nell’uragano fino alla morte.
L'ARTIGIANO E LA MONTAGNA (Cuntu della zona di Monteroni di Lecce)
C'era una volta un artigiano che stava spaccando pietre da una montagna. Faceva caldo e sentiva molta fatica. Ad un certo punto, lasciato lo scalpello e il martello, guardò un'aquila che volava nel cielo, fiera, maestosa e libera, e pensò: "quanto vorrei essere aquila, così volerei libero nel cielo". E puff! Divenne aquila. Mentre volava, vide da lontano un castello, bellissimo, imponente, regale...e pensò: "quanto vorrei essere Re, così vivrei in quel castello". E puff! Divenne Re. Ora che era Re, poteva comandare su tutti ed essere servito e riverito. Ma ogni volta che saliva sulla torre più alta e sentiva la forza del vento, pensava: "anche il più potente dei Re è sempre meno potente del vento, il vento è forte, è libero, se fossi vento viaggerei per tutto il mondo e in un lampo sarei ovunque!". E fu così che divenne vento. Ora poteva viaggiare, andare dove voleva, e in pochi attimi poteva raggiungere i posti più remoti del mondo, ma ogni volta che incontrava una montagna, si infrangeva su quei massi, e fu così che un giorno disse: "sono vento, si, ma anche il vento si ferma davanti ad una montagna, una montagna è più forte del vento, voglio essere montagna!". E puff! Si trasformò in montagna. Ora poteva essere più forte di qualsiasi altro elemento della natura! Ma un giorno sentì un dolore ai piedi...guardò giù e vidde un artigiano che, con martello e scalpello, stava rompendo le sue pietre, e pensò: "quell'artigiano è più forte di me, della montagna! Spacca le mie pietre e io non posso fare niente... quanto vorrei essere quell'artigiano!". E puff! Tornò ad essere artigiano.
LI PESCI (Cuntu della zona di Leuca)
C'era una volta una donna che voleva cucinare un po' di pesce.
Disse a suo figlio: "vai a mare e pesca un po' di pesce". Il figlio prese la canna, la retina e i vermi e andò sugli scogli. Ad un certo punto prese un pesce, ma appena questi uscì dall'acqua gli disse: "lasciami un altro po', perché sono piccolino, passa tra qualche giorno e sarò cresciuto". Il ragazzo rispose: "dimmi come ti chiami, così farò meno fatica a trovarti". Il pesce rispose: "mi chiamo Senso". Il ragazzo si rimise a pescare. Il secondo pesce gli disse la stessa cosa. Si chiamava "Giudizio". E così il terzo pesce. Si chiamava "Sale".
Tornato a casa, la mamma lo prese in giro. Il ragazzo rispose: "mi hanno promesso che la prossima volta si faranno prendere, so come si chiamano!".
La mamma gli rispose: "torna tra qualche giorno e vedi che ti dicono...".
Il ragazzo tornò dopo una settimana e gridò: "Sensooooo". Il pesce gli rispose: "se Senso avessi avuto, a mare non mi avresti ributtato!".
Gridò ancora: "Giudizioooooo". Il secondo pesce gli rispose: "Se Giudizio avessi avuto, a mare non mi avresti ributtato".
Sconcertato, gridò al terzo pesce: "Saleeeeee". Il terzo pesce gli rispose: "Se sale avessi avuto, a quest'ora sarei cucinato...". A casa furono costretti a mangiare frise e pomodori.
LA LEGGENDA DI SANTA CESAREA
Il mito narra la storia di una bambina di nome Cesaria, oggetto dell’incestuoso desiderio del suo stesso padre. Dopo aver finto di cedere alle insane lusinghe del padre, Cesaria gli chiese di aspettarla in camera sua dove lo avrebbe raggiunto dopo essersi lavata i piedi. Cesaria prese due colombe e legò, dopodichè le depose in un catino colmo d’acqua affinché con il loro agitarsi imitassero lo sciaquìo dell’acqua e non destasse sospetti nel padre. Intanto Cesaria fuggì attraverso la finestra e raggiunge l’alta scogliera di Castro dove venne raggiunta dal malefico padre accortosi dell’inganno. La bambina cominciò quindi a pregare il Signore di salvarla quando all’improvviso giunse un angelo mentre il perfido padre venne avvolto da una nube nera che lo scagliò in mare .Nel luogo esatto in cui cadde in mare, l’acqua non smise più di bollire e si sente ancora oggi l’odore di zolfo.
LA GROTTA DI ZINZULUSA
La leggenda della grotta Zinzulusa narra di un crudele barone, il signore di Castro, che con la sua cattiveria uccise la moglie, e costringeva la figlia a condurre una vita di stenti facendola vestire di stracci. Una fata, ebbe pietà della ragazza e la diede in moglie ad un principe. Le vesti povere della fanciulla furono portate via dal vento e andarono a pietrificarsi sulla pareti di una grotta dove il padre della giovane era stato fatto sprofondare, facendo emergere acque infernali, il laghetto Cocito, meandro più lugubre della grotta, il cui nome rimanda al lago cantato da Dante nel Canto XIV dell’Inferno. I gamberetti che vivono nel laghetto, per aver assistito alla prodigiosa scena furono resi ciechi. Questa specie di gamberetto, noto con il nome di Typhlocaris salentino, è lungo fra i sette e gli otto centimetri ed è provvisto di setole sensoriali per orientarsi poste sulla ultime tre paia di zampe.
GLI SCOGLI DANNATI
Tutto prende vita e forma dal mito di Medea, figlia di Eete, re della Colchide (antico stato Georgiano n.d.r.), donna avvenente e dotata di poteri quasi divini. Medea incontra Giasone, suo futuro sposo, quando questi giunge in Colchide assieme ai suoi compagni, gli Argonauti, alla ricerca del Vello d’Oro, una pelle magica con il dono di sanare tutte le ferite, aiutandolo a raggiungere l’obiettivo facendo ricorso alle sue arti magiche. Sarà un amore intenso, ma tragico e tormentato.
Quando il re della città di Corinto, decide di dare in sposa a Giasone la bellissima Glauce, prospettando un allettante successione al trono per l’uomo, Giasone accetta, lasciando Medea nella più totale disperazione. Sarà questa stessa disperazione ad animare la sua mano e a far covare rancori e vendette tali da portarla a fuggire su una nave trascinando con sè i figli, in modo da non lasciare al marito alcuna discendenza.
Si narra allora che proprio nei pressi della costa di Santa Maria di Leuca, vicino a Punta Ristola, Medea trucidò i figli, gettandone poi i resti in mare, resti che divennero scogli affioranti a contatto con l’acqua salmastra.
I pescatori del luogo raccontano spesso di come queste rocce affioranti, soprattutto nelle notti tempestose in cui il vento è forte e intenso, riecheggino di gemiti e urla strazianti e di come si possano scorgere e discernere, se si ha l’ardire e l’audacia di guardare, ombre misteriose contorcersi e agitarsi.
Liberamente tratti da web
SCAZZAMUREDDHU
Conosciuto in tutta la regione sotto vari nomi:Laurieddhri, Carcaluri, Mininceddhri, Sciacuddhri e Rumpicuperchi). Si tratta di un piccolo, panciuto ma agile folletto dispettoso che appare solo di notte, disturbando il sonno delle sue povere vittime in vari modi, per esempio saltando loro sul petto e premendoglielo fino a togliergli il respiro. Tormentava poi i contadini intrecciando in maniera indistricabile le code e le criniere dei cavalli. Unico modo per sottomettere il folletto ai propri voleri era rubargli il cappellino per la cui restituzione era pronto anche a donare monete. Per conquistarlo, invece, bisognava regalargli un paio di scarpe (era vestito con un abito color tabacco e scalzo) o mettere dei sassolini nelle proprie pantofole. Ripagava svelando i luoghi in cui erano nascosti dei tesori. Infine, era solito fare una domanda alle sue vittime: “vuoi cocci o soldi?”.; a chi rispondeva “soldi” portava cocci, a chi rispondeva “cocci” donava soldi.
LA ROMANTICA STORIA D’AMORE DEL MERLETTO
una bellissima leggenda pugliese che ha come protagonista la fiandra, il pizzo a tombolo più famoso al mondo. La creazione di questo splendido tessuto nasce dalla romantica storia di due innamorati.
La leggenda racconta di una fanciulla di nome Serena, bellissima ma molto molto povera, innamorata di un giovane artista altrettanto povero. Purtroppo il loro amore fu duramente messo alla prova da un tragico avvenimento: un giorno la mamma di Serena si ammalò gravemente, e la fanciulla, in cambio della guarigione della tanto cara madre, fece un voto alla Madonna, rinunciando per sempre al suo giovane amato. Serena decise allora di confessare al suo amato la decisione presa, e mentre i due innamorati, seduti all’ombra di un albero, erano giunti al momento della separazione, accadde qualcosa di incredibile: dai rami dell’albero cadde sul grembiule della ragazza una ragnatela. I due ragazzi, incantati dalla tela, realizzarono insieme il famoso merletto di fiandra. Lei cercò immediatamente di copiare il disegno col filo più fine del suo fuso.
Lui, con il suo ingegno e con la sua arte, con alcuni rami dell’albero chiuse il grembiule fra quattro bastoncini per irrigidirlo di modo da portare a casa il prezioso disegno della ragnatela. Mentre Serena rifilava col suo filo, lui li teneva separati e ordinati affinché non si ingarbugliassero tra di loro, legando l’estremità di ciascun filo con un bastoncino di legno.
Così dall’amore e dall’arte nacque il primo merletto. Il merletto piacque moltissimo alle dame più illustri della città, che ricompensarono la giovane ragazza della splendida ragnatela. Con i soldi Serena curò la madre malata e con dolore dovette lasciare anche il suo innamorato, per rendere fede al voto. Ma ancora una volta, mentre i due fidanzati erano giunti al triste momento dell’abbandono, dallo stesso albero dal quale avevano avuto l’idea di creare il merletto cadde un’altra ragnatela su cui era scritta l’assoluzione del voto.
LEUCA E LA LEGGENDA DEI DUE INNAMORATI - La sirena di Leuca
Santa Maria di Leuca è una delle mete che ogni anno attira un gran numero di turisti. Non tutti però sanno che a questa meravigliosa cittadina della Puglia è legata una leggenda struggente ed appassionante. La storia risale al tempo dei Messapi, quando sul promontorio della città di Veretum c’era un tempio dedicato alla dea Minerva.
Si racconta che il punto d’incontro dei due mari Jonio e Adriatico fosse dominato da Leucàsia una bellissima creatura tutta bianca metà donna e metà pesce (dal greco leukòs=bianco) in grado di attirare con il suo canto divino ogni creatura. Un giorno notò un giovane pastorello e tentò di ammaliarlo con la sua voce e con la sua bellezza. Il giovane Melisso, innamorato della sua ragazza Aristula, rifiutò senza alcuna fatica la bella sirena. Così Leucàsia incredula ed offesa mise in atto una terribile vendetta.
Un giorno sorprese sulla scogliera i due giovani innamorati stretti in un abbraccio. Alla vista di quell’abbraccio pieno di sentimento alzò con la sua coda e con il suo fiato un vento tanto forte da separare i ragazzi e trascinarli via facendoli sbattere violentemente sugli scogli fino ad ucciderli. Separò i loro corpi sulle due punte opposte del golfo, in modo che nessuno potesse unirli.
La dea Minerva dal suo tempio vide la sciagura che Leucàsia aveva provocato. Impietosita trasformò i corpi di Melisso e Arìstula in pietra, come simbolo di eternità. Da allora la punta Meliso e la punta Ristola non potendosi più abbracciare, abbracciano ora quello specchio di mare. Anche Leucàsia fu pietrificata e si trasformò nella famosa e bianca città di Leuca, da cui prende il nome.Lo scultore Mario Calcagnile ispirandosi a questa leggenda ha realizzato in onore dei protagonisti il “Trittico della Trascendenza”, posizionato proprio di fronte al porto di marina di Leuca ed ai piedi della scalinata della Cascata Monumentale.
LA DANZA DELLE STREGHE
Il tratto di costa compreso tra Otranto e Santa Maria di Leuca è particolarmente aspro e accidentato, in alcuni tratti arretra rapidamente creando imponenti falesie, nicchie costiere e anfratti attorno ai quali la tradizione folkloristica ha creato numerosi miti e leggende che ancora oggi alimentano il fascino misterioso e magico della costa otrantina.
La tradizione popolare vuole che nelle notti di tempesta da queste grotte escano streghe agitando le fiaccole che tengono in mano, chiunque osi avvicinarsi è inesorabilmente destinato a prendere parte alla danza delle streghe , ballando nell’uragano fino alla morte.
L'ARTIGIANO E LA MONTAGNA (Cuntu della zona di Monteroni di Lecce)
C'era una volta un artigiano che stava spaccando pietre da una montagna. Faceva caldo e sentiva molta fatica. Ad un certo punto, lasciato lo scalpello e il martello, guardò un'aquila che volava nel cielo, fiera, maestosa e libera, e pensò: "quanto vorrei essere aquila, così volerei libero nel cielo". E puff! Divenne aquila. Mentre volava, vide da lontano un castello, bellissimo, imponente, regale...e pensò: "quanto vorrei essere Re, così vivrei in quel castello". E puff! Divenne Re. Ora che era Re, poteva comandare su tutti ed essere servito e riverito. Ma ogni volta che saliva sulla torre più alta e sentiva la forza del vento, pensava: "anche il più potente dei Re è sempre meno potente del vento, il vento è forte, è libero, se fossi vento viaggerei per tutto il mondo e in un lampo sarei ovunque!". E fu così che divenne vento. Ora poteva viaggiare, andare dove voleva, e in pochi attimi poteva raggiungere i posti più remoti del mondo, ma ogni volta che incontrava una montagna, si infrangeva su quei massi, e fu così che un giorno disse: "sono vento, si, ma anche il vento si ferma davanti ad una montagna, una montagna è più forte del vento, voglio essere montagna!". E puff! Si trasformò in montagna. Ora poteva essere più forte di qualsiasi altro elemento della natura! Ma un giorno sentì un dolore ai piedi...guardò giù e vidde un artigiano che, con martello e scalpello, stava rompendo le sue pietre, e pensò: "quell'artigiano è più forte di me, della montagna! Spacca le mie pietre e io non posso fare niente... quanto vorrei essere quell'artigiano!". E puff! Tornò ad essere artigiano.
LI PESCI (Cuntu della zona di Leuca)
C'era una volta una donna che voleva cucinare un po' di pesce.
Disse a suo figlio: "vai a mare e pesca un po' di pesce". Il figlio prese la canna, la retina e i vermi e andò sugli scogli. Ad un certo punto prese un pesce, ma appena questi uscì dall'acqua gli disse: "lasciami un altro po', perché sono piccolino, passa tra qualche giorno e sarò cresciuto". Il ragazzo rispose: "dimmi come ti chiami, così farò meno fatica a trovarti". Il pesce rispose: "mi chiamo Senso". Il ragazzo si rimise a pescare. Il secondo pesce gli disse la stessa cosa. Si chiamava "Giudizio". E così il terzo pesce. Si chiamava "Sale".
Tornato a casa, la mamma lo prese in giro. Il ragazzo rispose: "mi hanno promesso che la prossima volta si faranno prendere, so come si chiamano!".
La mamma gli rispose: "torna tra qualche giorno e vedi che ti dicono...".
Il ragazzo tornò dopo una settimana e gridò: "Sensooooo". Il pesce gli rispose: "se Senso avessi avuto, a mare non mi avresti ributtato!".
Gridò ancora: "Giudizioooooo". Il secondo pesce gli rispose: "Se Giudizio avessi avuto, a mare non mi avresti ributtato".
Sconcertato, gridò al terzo pesce: "Saleeeeee". Il terzo pesce gli rispose: "Se sale avessi avuto, a quest'ora sarei cucinato...". A casa furono costretti a mangiare frise e pomodori.
LA LEGGENDA DI SANTA CESAREA
Il mito narra la storia di una bambina di nome Cesaria, oggetto dell’incestuoso desiderio del suo stesso padre. Dopo aver finto di cedere alle insane lusinghe del padre, Cesaria gli chiese di aspettarla in camera sua dove lo avrebbe raggiunto dopo essersi lavata i piedi. Cesaria prese due colombe e legò, dopodichè le depose in un catino colmo d’acqua affinché con il loro agitarsi imitassero lo sciaquìo dell’acqua e non destasse sospetti nel padre. Intanto Cesaria fuggì attraverso la finestra e raggiunge l’alta scogliera di Castro dove venne raggiunta dal malefico padre accortosi dell’inganno. La bambina cominciò quindi a pregare il Signore di salvarla quando all’improvviso giunse un angelo mentre il perfido padre venne avvolto da una nube nera che lo scagliò in mare .Nel luogo esatto in cui cadde in mare, l’acqua non smise più di bollire e si sente ancora oggi l’odore di zolfo.
LA GROTTA DI ZINZULUSA
La leggenda della grotta Zinzulusa narra di un crudele barone, il signore di Castro, che con la sua cattiveria uccise la moglie, e costringeva la figlia a condurre una vita di stenti facendola vestire di stracci. Una fata, ebbe pietà della ragazza e la diede in moglie ad un principe. Le vesti povere della fanciulla furono portate via dal vento e andarono a pietrificarsi sulla pareti di una grotta dove il padre della giovane era stato fatto sprofondare, facendo emergere acque infernali, il laghetto Cocito, meandro più lugubre della grotta, il cui nome rimanda al lago cantato da Dante nel Canto XIV dell’Inferno. I gamberetti che vivono nel laghetto, per aver assistito alla prodigiosa scena furono resi ciechi. Questa specie di gamberetto, noto con il nome di Typhlocaris salentino, è lungo fra i sette e gli otto centimetri ed è provvisto di setole sensoriali per orientarsi poste sulla ultime tre paia di zampe.
GLI SCOGLI DANNATI
Tutto prende vita e forma dal mito di Medea, figlia di Eete, re della Colchide (antico stato Georgiano n.d.r.), donna avvenente e dotata di poteri quasi divini. Medea incontra Giasone, suo futuro sposo, quando questi giunge in Colchide assieme ai suoi compagni, gli Argonauti, alla ricerca del Vello d’Oro, una pelle magica con il dono di sanare tutte le ferite, aiutandolo a raggiungere l’obiettivo facendo ricorso alle sue arti magiche. Sarà un amore intenso, ma tragico e tormentato.
Quando il re della città di Corinto, decide di dare in sposa a Giasone la bellissima Glauce, prospettando un allettante successione al trono per l’uomo, Giasone accetta, lasciando Medea nella più totale disperazione. Sarà questa stessa disperazione ad animare la sua mano e a far covare rancori e vendette tali da portarla a fuggire su una nave trascinando con sè i figli, in modo da non lasciare al marito alcuna discendenza.
Si narra allora che proprio nei pressi della costa di Santa Maria di Leuca, vicino a Punta Ristola, Medea trucidò i figli, gettandone poi i resti in mare, resti che divennero scogli affioranti a contatto con l’acqua salmastra.
I pescatori del luogo raccontano spesso di come queste rocce affioranti, soprattutto nelle notti tempestose in cui il vento è forte e intenso, riecheggino di gemiti e urla strazianti e di come si possano scorgere e discernere, se si ha l’ardire e l’audacia di guardare, ombre misteriose contorcersi e agitarsi.
Liberamente tratti da web